Melania Marano, I quartieri abitativi punico-romani di Tharros. Indagine architettonica e urbanistica, con una prefazione di Anna Chiara Fariselli, Lugano, 2018 (in corso di stampa).
Introduzione*
Il settore abitativo di Tharros è ubicato nella propaggine Sud della Penisola del Sinis e occupa in particolare l’area tra la collina della Torre di San Giovanni e la costa del Golfo di Oristano (1). In questa sede verrà presa in esame la parte centrale del sito, dove sono presenti gli edifici che furono ritenuti a carattere residenziale al momento dell’individuazione, avvenuta intorno alla metà del secolo scorso (2).
Come noto, nel corso dell’epoca moderna, l’abitato è stato sottoposto a continue attività di spoliazione del materiale edilizio, situazione riscontrabile largamente nelle evidenze archeologiche sopravvissute. Ciò ha provocato in alcuni casi la totale perdita di parte degli antichi edifici. Per tale ragione, la lettura storico-archeologica di alcuni settori risulta notevolmente compromessa, come, ad esempio, quella degli edifici abitativi, che fino al giorno d’oggi hanno ricevuto solo una generica descrizione realizzata al termine delle prime esplorazioni (3). Al contrario, i contesti templari e termali, rimessi in luce nel corso delle medesime indagini archeologiche, sono stati oggetto di una rielaborazione dei dati più dettagliata (4). La presenza di informazioni sommarie, dovute alla mancanza dalla metà del secolo scorso a oggi di uno studio puntuale sulle abitazioni, ha reso necessaria una nuova analisi di tale settore partendo dai giornali di scavo, editi solo parzialmente.
Questo congiuntamente con l’osservazione diretta dei resti, imprescindibile, nello specifico, per la comprensione architettonica e, in una visione più ampia, per un nuovo esame di tipo urbanistico dell’area (5). La ricerca ha portato a suddividere il sito in tre quartieri, nei quali trovano posto gli edifici ritenuti da Gennaro Pesce a carattere residenziale. Su tale base, sono state individuate undici aree abitative all’interno dei tre settori principali, in particolare cinque nella zona occidentale, tre in quella centrale e tre nella parte orientale (6). L’analisi autoptica effettuata sul campo e la documentazione esistente hanno permesso di riconsiderare l’iniziale attribuzione degli ambienti a complessi ben definiti, come ipotizzato dallo studioso, che ha ricondotto le strutture rimesse in luce a oltre ottanta contesti, attualmente verificabili solo in ventiquattro edifici. Questa situazione ha portato ad elaborare una nuova numerazione, considerando che molti resti documentati in letteratura non sono rilevabili nelle vestigia conservate sul terreno (7). La rilettura delle annotazioni storiche ha messo in evidenza anche un ulteriore problema riguardante la cronologia delle strutture. Tenendo presente la mancanza di dati stratigrafici, derivante dalla metodologia di indagine adoperata, insieme al continuo riutilizzo delle tecniche edilizie (8) e allo stato embrionale dello studio dei reperti archeologici (9), le puntuali descrizioni della cultura materiale rintracciabili nei giornali di scavo assumono una certa rilevanza. Tuttavia, a queste bisogna guardare con cautela, dato il carattere generico delle attribuzioni riscontrate, che rimandano ai periodi «fenicio», «punico» e «romano». Infatti, il riferimento a categorie precostituite e convenzionali non fornisce un quadro storico-archeologico attendibile, considerando i recenti progressi della ricerca scientifica sul tema identitario (10) . In altri casi, invece, il dettaglio dei dati forniti, unitamente all’analisi architettonica dei resti, ha permesso di avanzare delle ipotesi sul periodo di uso dei singoli contesti. Il riesame complessivo delle evidenze archeologiche sopravvissute e delle prime osservazioni redatte dallo scopritore è stato ritenuto, quindi, imprescindibile per uno studio più rigoroso del settore abitativo.
* I dati che si presentano sono stati estratti dalla ricerca svolta da chi scrive presso la Scuola Dottorale Interateneo in Storia delle Arti (XXVIII ciclo) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Università IUAV di Venezia e Università di Verona, con la collaborazione dell’Alma Mater Studiorum -Università di Bologna, sotto la supervisione della Prof.ssa Patrizia Basso, del Prof. Attilio Mastrocinque e della Prof.ssa Anna Chiara Fariselli, che si ringraziano per il supporto dato durante lo svolgimento del progetto dottorale. La documentazione è edita su concessione del MiBACT – Soprintendenza Archeologia della Sardegna.
1 Per una sintesi sul sito di Tharros, si veda Pesce 1966b; Acquaro – Finzi 1986; Acquaro 1988; Acquaro – Mezzolani 1996; Del Vais 2015. A proposito dell’importanza storica dell’abitato, cf. Moscati 1974; Acquaro 1995; 1997.
2 Per tale ragione i settori posti sulla collina di Su Murru Mannu e sul Capo San Marco, per i quali si farà riferimento alla bibliografia scientifica specifica, non verranno trattati in modo puntuale, non avendo restituito evidenze inquadrabili nell’approfondimento oggetto di tale elaborato.
3 Pesce 1966b.
4 Zucca 1984a; Tronchetti 1989; Morigi 2004; Tomei 2008, Floris 2014-2015 e 2016.
5 Su tale aspetto, cf. Mezzolani 1994a: 115-27; 1994b: 152-54; Verga 1995; 1996; Blasetti Fantauzzi 2015;
2016; Marano 2017.
6 Cf. infra. Agli isolati delineati bisogna aggiungere gli edifici templari situati nel quartiere centrale e il battistero, i resti attribuiti a una basilica dedicata a S. Marco o a un martyrium e le Terme nn. 1 e 2 collocati nella zona costiera.
7 Per evitare letture erronee dei dati, in tale sede si è scelto di indicare con i numeri romani gli edifici attualmente riscontrati sul terreno, mentre per gli altri si fa riferimento all’iniziale dicitura proposta dallo studioso, in modo da rimandare immediatamente al punto specifico della planimetria del sito. Per la corrispondenza tra i ventiquattro edifici individuati sul terreno e la numerazione proposta da G. Pesce, si veda la Tabella n. 1.
8 Relativamente alle tecniche edilizie negli insediamenti punici, cf. Prados Martínez 2003; Verga 2003; Morigi 2006.
9 Allo stato attuale il materiale archeologico proveniente dagli scavi nell’area abitativa è stato studiato solo parzialmente nel secolo scorso. A tal proposito, cf. Acquaro – Moscati – Uberti (edd.) 1975; Acquaro et al. (edd.) 1990; Moscati 1990:193-95.
10 In particolare, sulle relazioni fra le categorie storiografiche distinguibili nei termini fenicio e punico, cf. Del Vais – Fariselli 2010b: 19-20; 2012: 268-69. Cf. anche Crawley Quinn – Vella 2014 e Garbati –Pedrazzi 2016.